Questa è una domanda ricorrente la cui risposta codificata ed ufficiale si può facilmente trovare in qualsiasi manuale Yoga o su Wikipedia.
Lo Yoga nasce nell’India del Nord più di 3.000 anni fa e oggi la sua importanza è ampiamente riconosciuta come strumento ideale per alleviare lo stress, tonificare il corpo, calmare e focalizzare la mente e raggiungere un’armonia spirituale profonda.
Lo yoga è unione di corpo, mente e spirito, unione del Sè con il Divino, inteso come presenza immanente e onnicomprensiva.
E’ un sistema integrale di introspezione, training fisico, ricerca spirituale, sistema etico e strumento di conoscenza della nostra più intima natura.
Ma che significa veramente tutto questo e come si traduce in un sistema di vita che possa conciliare quello che all’apparenza sembra un cammino riservato solo ai mistici, con la vita ordinaria fatta di lavoro, casa, famiglia e i diversi problemi da affrontare quotidianamente?
Come è possibile trovare spazio e tempo per lo yoga e qual è davvero l’importanza di particarlo? Cerchiamo di dare alcune coordinate senza la prestesa di poter spiegare in poche righe un mondo così vasto.
Negli ultimi anni lo yoga si è affermato globalmente come fenomeno di massa e, con esso, si sono moltiplicati stili e visioni diverse, dagli approcci più seri sino alla vera e propria esasperazione folkloristica.
Con essi si è anche accesa una polemica mediatica su cosa sia davvero lo yoga e quale sia il suo messaggio più autentico.
Ma chi decide davvero cosa sia giusto e soprattutto quale sia il criterio per definire l’efficacia e la forza trasformativa di un percorso come lo yoga?
Recentemente sembra che sia finito sotto accusa un tipo di yoga prevalentemente fisico, spesso considerato come acrobazia o puro contorsionismo dai suoi detrattori.
Se da un lato questo può essere in parte vero – si è spesso assistito alla “conversione” di atleti, ginnaste e ballerine al mondo yoga, sicuramente più lucrativo e di moda – dall’altro, una pratica fisica seria è il passo imprescindibile per approcciarsi allo yoga. Senza buttarsi nell’arena, per così dire, confrontandosi sul tappetino con le proprie paure e limitazioni, coltivare attivamente presenza e concentranzione, mettendo in campo una disciplina ferrea (Sādhanā), non si può certo dire di praticare yoga.
Guruj – Sri K. Pattabi Jois – tra i maggiori esponenti dell’Ashtanga Vinyasa moderno, affermava: ”99% practice, 1% theory” e anche “Practice and all is coming”.
In realtà, la fisicità nello yoga è solo apparente perché attraverso gli asana si va a manipolare e riconfigurare la nostra struttura energetica agendo sulla qualità e il livello di Prana, o energia vitale, e si controlla la mente con una costante focalizzazione sulla Presenza e sulla Consapevolezza .
“Praticare gli asana senza le basi di yamas e niyamas è pura acrobazia”
B.K.S. Iyengar
Un sistema etico alla base della pratica è imprescindibile.
Dall’altro estremo troviamo un approccio allo Yoga che sovente ha il sentore della setta religiosa e del cult, con l’emergenza di personaggi dalla dubbia sincerità e auto-proclamati Gurus dalla scarsa integrità etica che vedono nello yoga un’occasione di manipolazione psicologica e lucrativa.
Quindi, il mio messaggio è quello di mantenere una salutare equidistanza da approcci estremi, pensando allo yoga come uno strumento sacro di evoluzione personale senza però trasformarlo nell’orizzonte esclusivo dei nostri interessi o riportandolo all’interno di una attitudine compulsiva che proprio esso, lo yoga, dovrebbe aiutare a tenere sotto controllo.
Lo yoga è un’attitudine e un modo di essere. Esso inizia veramente nel momento in cui ripieghiamo il tappetino.